Leadership al femminile? 5 idee ispirate alla natura

Leadership al femminile? 5 idee ispirate alla natura

18 Dicembre 2018

Molto spesso ci si riferisce alla natura come madre, in altre occasioni invece come matrigna[1]. È infatti facile immaginarla come un’entità benevola nel caso di un abbondante raccolto o di un panorama mozzafiato, e come mostruosa in occasione di calamità o disastri. In questa sede mi preme usare la metafora della natura come esempio di leadership, lasciando per un attimo da parte le considerazioni che spingerebbero la mia parte ambientalista a dire che non tutte le cause di alcuni eventi sono effettivamente naturali.

E prima che qualcuno mi accusi di sostenere la teoria secondo la quale è giusto che vinca il più forte[2] ci tengo a chiarire che, nonostante tutto, la nostra dotazione di libero arbitrio dovrebbe sostenerci nel fare scelte che prescindono dalla forza fisica o dall’esercizio distorto del potere per il soddisfacimento dei nostri bisogni. Fine del pistolotto filosofico, parliamo di donne e leadership che è meglio.

Il capo, la capa.

Letteralmente, sia il termine “capo”, sia il termine “capa”, significano “testa”. Quindi, se avete la responsabilità di qualcuno (che sia un singolo collaboratore o una multinazionale) è indifferente se si rivolgono a voi con la desinenza femminile; quello che conta davvero è se nella vostra, di testa, il concetto di leadership è chiaro.

Quello che in generale rende una persona un buon leader è la sua capacità di utilizzare al meglio le proprie risorse innate e le proprie competenze per la guida dell’impresa (o del suo team) nella direzione voluta (o concordata con i vertici aziendali), e di delegare a persone fidate e competenti tutto ciò che può sostenere al meglio quel ruolo di guida.

Come ho già accennato nel mio libro Ero una brava bambina, poi sono guarita, noi donne siamo naturalmente dotate di lungimiranza e di una particolare sensibilità e capacità di empatia rispetto a ciò che non è immediatamente o platealmente visibile, come per esempio la capacità di intuire le emozioni altrui al di là dell’espressione facciale o dell’atteggiamento corporeo. Invece di competere tra noi per il potere, potremmo trarre grandissimi vantaggi dalla capacità di usare strategicamente le nostre qualità.

La natura non fa niente a caso.

Ci sono piante adatte ad un certo tipo di terreno e clima, che in contesti diversi non potrebbero sopravvivere se non con grande fatica e dispendio energetico. Ci sono animali che vivono in branco e che, spontaneamente, creano e rispettano delle gerarchie interne. Ce ne sono altri che vivono in coppia o da soli, per i quali la convivenza anche solo con i propri simili, per non parlare di specie diverse, sarebbe una forzatura incredibile.

Se tu fossi la natura, metteresti mai una giraffa al Polo Nord? E un lupo in un branco di elefanti? Ovviamente no, così come non pianteresti un’orchidea nel deserto. Ecco, allo stesso modo puoi scegliere di permettere a tutte le tue risorse umane di fare al meglio quello verso cui sono inclini, creando un ambiente favorevole allo sviluppo del loro potenziale e di quello del progetto di cui sei leader.

Le stesse persone potrebbero lavorare in condizioni diverse? Probabilmente sì, esattamente come sono stati creati serre, zoo e semi geneticamente modificati. Ne vale veramente la pena? Questo ovviamente dipende dal tuo libero arbitrio e dalla tua valutazione delle conseguenze rispetto alle scelte che farai. Mi limito a suggerirti che, forse, essere tu stessa il capo che avresti sempre voluto avere, alla lunga potrebbe essere molto, molto utile.

Come d’autunno, sugli alberi, le foglie.

Essere leader significa anche… lasciare andare, esattamente come gli alberi fanno in autunno. Se le foglie non cadessero, non ci sarebbe nutrimento per il terreno, né spazio per la rinascita la primavera successiva. Allo stesso modo, se ti accorgi che un collaboratore (ma anche un fornitore o, ahimè, un socio) non è più in linea con il buon andamento del progetto o dell’impresa, è il caso di fare un favore ad entrambi e lasciarlo andare. Ovviamente non sto parlando di licenziare qualcuno in tronco alla minima divergenza di opinioni; la capacità di comunicazione e il dialogo sono doti fondamentali nell’esercizio di una leadership efficace.

La stessa valutazione potrebbe rendersi necessaria su te stessa, peraltro: i tuoi valori, le tue capacità, la tua visione del futuro sono ancora in linea con quello che stai facendo? In caso contrario, ci sono margini per rinegoziare le attività in modo che ti corrispondano di più e meglio? Se la risposta è no, forse potrebbe essere arrivato il momento di esplorare nuovi orizzonti. A differenza dell’albero, non sei ancorata al terreno e puoi muoverti liberamente.

Riassumendo.

Essere leader significa:

  1. Assumerti prima di tutto la responsabilità di te stessa, incluso lo sviluppo di una buona autostima, condizione imprescindibile per ammettere eventuali errori e correggerli.
  2. Creare un ambiente favorevole allo sviluppo del potenziale dei collaboratori, avendo in mente il fine ultimo che è quello dello sviluppo del progetto o dell’impresa nella quale siete tutti coinvolti.
  3. Comunicare ciò che non funziona, con chiarezza e apertura mentale ma altrettanta assertività: ascoltare e scegliere, in base alla visione d’insieme, se c’è margine per un compromesso oppure no.
  4. Lasciar andare ciò che non funziona e/o non è recuperabile. Questo potrebbe includere il tuo stesso ruolo in un contesto che non è più in linea con te.
  5. Essere aperta al cambiamento, avere una visione positiva e… pensare a costruire per il futuro.

Dai, che madre natura è femmina mica per niente.

[1] Lucrezio, De Rerum Natura.

[2] Qualcuno erroneamente ha tirato Darwin per la giacchetta su questo punto, tipo un certo Eugene Fischer, antropologo fisico e membro del “cerchio magico” di Adolf Hitler.

Questo articolo è un estratto del mio libro “Ero una brava bambina, poi sono guarita. Guida alla sopravvivenza per donne intelligenti e incasinate”, edito da Doithuman con la prefazione di Giovanna Marena.


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